La chiesa di Vinigo

Ultima modifica 5 agosto 2024

Chiesa di S. Giovanni Battista in Vinigo

Benché l’esistenza del Lume di S. Giovanni Battista sia attestata fin dal XIII secolo, l’attuale chiesa di Vinigo – dichiarata monumento nazionale fin dal 1929 - fu costruita ex novo fra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo sulla sommità del piccolo colle che probabilmente ospitava anche il primitivo sacello; l’area antistante l’edificio sacro fin dall’origine era destinata ad ospitare non solo il cimitero, ma anche il popolo riunito in assemblea, in uno spazio che venne meglio definito nella prima metà del Cinquecento con la costruzione, sul lato opposto di quello occupato dalla chiesa stessa, del portego o éra de S. Duane. All’inizio del Settecento la chiesa fu oggetto di un radicale intervento nel corso del quale assunse l’attuale forma.

Per la storia architettonica e artistica, si rimanda alla pubblicazione di Andrea Gallo, La chiesa di San Giovanni Battista di Vinigo, San Vito di Cadore 2007, poiché l’autore ha avuto modo di effettuare uno studio esaustivo e approfondito sull’archivio della curazia.

Tuttavia anche l’archivio comunale conserva documenti in grado di fornire qualche tassello alle vicende occorse all’edificio sacro. Ad esempio quelli di metà Ottocento riguardanti la fusione delle tre nuove campane a spese della frazione di Vinigo. Fu incaricato del lavoro il Fonditore Pietro Colbachini di Bassano. I vinighesi si erano già rivolti a Bassano nel 1846 dove dalla ditta Mariotto avevano acquistato l’organo a mantice ancora esistente. Il 20 ottobre 1854 Lorenzo Peli, maestro di musica e direttore del corpo bandistico, ed Antonio Zen, maestro d’organo di Bassano, procedettero al collaudo delle nuove campane dichiarando che “si trovano in perfetto concerto armonico”. “Di grandezza alquanto maggior delle vecchie”, richiesero un intervento al campanile per apportare le modifiche necessarie ad ospitarle: i lavori furono appaltati a Giovanni Battista De Ghetto ed eseguiti in base al progetto redatto dall’ing. Osvaldo Palatini. Le campane del 1854 non esistono più: requisite dagli austriaci nel maggio del 1918 con quelle di Vodo e Peaio, saranno poi sostituite nel 1921 e quella piccola, utilizzata per richiamare i fanciulli alla scuola, di nuovo nel 1939.

In occasione dei lavori al campanile di metà Ottocento, si diede anche incarico a Francesco Lancedelli di Ampezzo di costruire e collocare l’orologio. Lancedelli, detto Checo da Meleres, è conosciuto come l’alpinista-orologiaio ed è annoverato fra i pionieri delle guide di Ampezzo per aver guidato Paolo Grohmann su Tofane, Pelmo, Antelao e Sorapiss tra il 1863 e il 1864.

L’orologio nel 1924 fu restaurato radicalmente dalle sapienti mani di un artigiano geniale: Adamo Marchioni che nel 1921 aveva già eseguito lavori di falegnameria al campanile dotandolo anche della porta attuale ed altri ne eseguirà nel 1934, dopo aver costruito anche i banchi della chiesa con i peri selvatici messi a disposizione degli abitanti del paese nel 1931.

 

 


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